Invano

Roberto Beccantini11 aprile 2015

Invano avevo cercato di mettere sull’avviso gli spacciatori di Triplete (che bevano di più!), i giullari di Calciopoli, i patiti di Strasburgo, gli indossatori di pronostici facili.

Invano avevo ricordato come il Parma avesse sfilato quattro punti all’Inter (2-0, 1-1), bloccato la Roma all’Olimpico (0-0), liquidato la Fiorentina in casa (1-0) ; e quanto Donadoni fosse un allenatore «vertical».

Invano avevo invitato a diffidare del 7-0 dell’andata: era un Parma, quello, non ancora fallito ma bollito; questo, invece, era fallito ma vivo. Se mai, visto il turnover, consigliavo – come riferimento – il sofferto 1-0 di Coppa Italia. 

Invano avevo suggerito i Pazienti a rimuovere subito la gloriosa zavorra di Firenze, perché il calcio, come la donna, è mistero senza fine bello e quando si annusano «una» partita e «la» partita della vita, può anche succedere, come è meritamente successo, che l’ultima batta la prima, infliggendole la seconda sconfitta in campionato.

Invano ho cercato di ricordarmi un tiro della Juventus nel secondo tempo, lo straccio di un’azione che – in funzione Monaco – riportasse le lancette della squadra a un’ora normale, se non proprio solare.

Invano ho esplorato le mosse di Allegri, dall’innesto di Pepe all’ingresso di Vitale, a caccia di un’orma che non fosse polvere, vento, lotteria; e, nel caso di Llorente e Vidal, malinconia, anestesia.

Invano ho tentato di recuperare dall’archivio un gol più giusto di quello, bellissimo, firmato da José Mauri, classe 1996. L’unico tiro, sì, di tutto il Parma (e comunque contro tre, non cento). Ma non sempre basta la quantità: a volte, prevale la qualità.
Leggi tutto l’articolo…

Signora sarà lei

Roberto Beccantini8 aprile 2015

Non volevo scrivere, di questa partita, ma un paziente lettore, «bwforever73», mi ci ha tirato per il camice, attraverso lo stratagemma di un parere su Pereyra. Eccolo: in Italia, va benissimo. E’ un centrocampista d’attacco, con poco senso della porta (anche se viene da due gol in due partite), ma dotato di dribbling verticale. Verticale, ripeto. Non orizzontale. Ha pagato il salto dalla provincia alla squadra grande, ha studiato, ha sofferto, è cresciuto. Il termine «jolly» gli calza a pennello, ancorché il ruolo di trequartista sia quello che sente di meno. Non a caso, il trequartista della Juventus, oggi, è Tevez.

Un altro degente, «Chihuaha/Pitbull» (a tavola un barboncino, alla tastiera un po’ meno), che di solito visito in un altro ambulatorio, mi ha chiesto un parere su Fiorentina zero Juventus tre. Gli rispondo intervistandomi, come va di moda tra le firme che contano (per una volta, fatemelo credere).

Se lo aspettava un epilogo del genere?

Assolutamente no. Mancavano Pirlo, Pogba, Tevez e Lichtsteiner. La scelta di Matri mi era sembrata un segnale strano, verosimilmente sbagliato.

Che partita ha visto?

La stessa che, immagino, avete visto voi. Una Juventus dalla personalità straripante. Non solo quadrata e tosta. L’1-2 di Torino la costringeva a sporgersi, a osare. L’ha fatto. Se l’equilibrio è stato spaccato sul filo degli episodi, sono stati poi il gioco e la maturità a scavare la differenza. E che differenza.

Lei, se non sbaglio, non avrebbe voluto Allegri.

Non sbaglia. Per questo, lo applaudo. Ha ereditato la Juventus di Conte al secondo giorno di ritiro, l’ha cambiata senza sfigurarla, cercando di ricavare una tecnica più raffinata e corale dal taglio al ritmo imposto nel nome della “spending review” energetica. Prendete la mossa simbolo: dal 3-5-2 al 4-3-1-2, o viceversa. E sempre a memoria».
Leggi tutto l’articolo…

I soliti noti

Roberto Beccantini4 aprile 2015

Non è stato facile, e questo rende onore all’organizzazione che Sarri ha soffiato nell’Empoli. Hanno deciso Tevez (un gol e la metà di quello di Pereyra) e Buffon (due grandi parate su Pucciarelli). Il miglior cannoniere, il miglior portiere. La Juventus si è aggiudicata il primo tempo, gli avversarsi il secondo. Non so se, in rapporto alla mistica della coralità, diventi un problema il fatto che, alla fine della giostra, risolvano sempre i soliti noti: di sicuro, non per chi li paga.

Lo scarto è obeso. L’Empoli, che ha chiuso in dieci, se l’è giocata come sa: al guinzaglio di Valdifiori, non ha mai rinunciato ad attaccare. L’allenatore molto può, ma poi entra in scena la stoffa dei singoli. Allegri aveva fuori quasi tutto il centrocampo (Marchisio, Pirlo, Pogba): in assenza di un regista classico, l’ordine era di stanare l’Empoli con i cambi di campo, le sponde di Llorente e il tremendismo dell’Apache.

Lascio ai maniaci delle moviole l’autopsia del tocco di Rugani. Preferisco parlare della fame, che le vittorie non placano, e del gioco, per metà gara all’altezza delle ambizioni. La Juventus, «questa» Juventus, ha un altro pregio: può flettere, ma sa soffrire. E l’ha fatto anche questa volta. Operai come Padoin e Sturaro si sono calati nella parte con un’umiltà capace di mascherare il distacco dai titolari.

Quarto successo consecutivo (1-0 Sassuolo, 1-0 Palermo, 1-0 Genoa, 2-0 Empoli), ventesima partita senza sconfitte. Il quarto scudetto è ormai in ghiaccio, anche se a Parma non sarà facile: la squadra di Donadoni ha bloccato l’Inter a San Siro. La Fiorentina di Coppa Italia (da 1-2) e il Monaco nei quarti di Champions costituiscono i traguardi più immediati, più saporiti. Le gambe girano, ma è chiaro che Pirlo e c. farebbero molto comodo.

Buona Pasqua a tutti voi, alle vostre famiglie e alle vostre squadre.